Com’è inebriante, com’è fastoso un giorno estivo nella Piccola Russia!
Come spossantemente calde sono le ore in cui il meriggio sfolgora nel silenzio e nella canicola e, cupola voluttuosa, l’oceano azzurro, incommensurabile, reclino sopra la terra, par che si sia assopito, immerso nel languore, recingendo e tenendo stretta la bella nel suo etereo abbraccio!
Non c’è una nuvola in esso; non c’è una voce nei campi. Tutte le cose sono come morte; soltanto in alto, nell’abisso celeste, trema un’allodola, e le note d’argento ripiovono giù per le aeree scale fino alla terra innamorata; e, solitari, il grido di un gabbiano o lo squittire tinnulo di una quaglia, echeggiano nella steppa.
Pigre e smemorate, quasi vagabondando senza meta, si adergono fino al cielo le querce; e l’abbagliante flagello dei raggi solari incendia intere masse pittoresche di foglie, sommergendone altre in un’ombra fonda come la notte, sulla quale soltanto al ringagliardir del vento zampilla una spruzzaglia d’oro.
Legge per noi: Giangiacomo MorozzoRicevi ora il prossimo racconto ancor prima di essere pubblicato! Compila il form.

