La via della narrazione
Alessandro Baricco è tornato in pubblico, in gran forma dopo i problemi di salute che lo hanno tenuto distante per qualche mese, e per tornare ha scelto il Festivaletteratura di Mantova, dove ha tenuto la lectio magistralis di apertura della kermesse: una bellissima, e molto sentita, lezione su Beppe Fenoglio
Due piemontesi doc che si incontrano in occasione del centenario della nascita di uno e della “rinascita” dell’altro per parlare di stile narrativo, di magnificenza narrativa e di quella misteriosa e affascinante alchimia che è la narrazione quando riesce a mettere insieme tutto ciò che la trasforma in magia.
Beppe Fenoglio e il suo stile cinematografico
Una dissertazione che si lega a doppio filo con la nuova uscita di un piccolo, ma preziosissimo, opuscolo, La Via della Narrazione, edito da Feltrinelli, in cui Baricco, riprendendo una lezione fatta alla Scuola Holden nel novembre del 2021, mette in luce proprio il prezioso e decisivo valore dello stile nella narrazione:
«Lo stile è di pochi. Sgorga da un’intimità altissima e misteriosa con un particolare materiale. Non si può insegnare, lo si possiede. È un evento. Accade quando il linguaggio, qualsiasi linguaggio, cessa di essere uno strumento esterno e diventa prolungamento di un corpo. (…) Ogni stile – come ogni voce – è un suono unico. (…) Nello stile, storia e trama prendono corpo, e quindi diventano terra, e in definitiva realtà. (…) Lo stile è ciò che tiene insieme cielo e terra, per così dire. Il cielo delle storie, la terra del reale.»
Per raccontare l’importanza dell’unicità dello stile la scelta è ricaduta su uno dei più importanti scrittori piemontesi, Beppe Fenoglio, e in particolare La paga del sabato, uno dei suoi libri forse meno conosciuti, ma che Baricco considera il suo capolavoro proprio per lo stile narrativo, per quel suo modo unico di narrare che in questo testo diventa ancora più incisivo.
Uno stile che, ancora di più che in altri libri e in altre narrazioni, mette in evidenza quella contaminazione che mescola insieme, che impollina «la grammatica, ma anche la mente e il gusto dello scrivere letterario, con la grammatica, il mood, la mente e il modo di stare al mondo del cinema».
Una contaminazione che negli anni Cinquanta, anni in cui Fenoglio scrisse le sue opere, ma anche successivamente, con quelle pubblicate postume, non fu capita molto. Calvino, in una lettera scritta dopo aver letto proprio La paga del sabato, gli confessò esplicitamente che i suoi personaggi, così vicini a quelli del cinema, non rendevano giustizia alla narrazione.
Vittorini lo bocciò proprio perché troppo cinematografico, e consigliò a Fenoglio di ricavarne dei racconti.
Dunque, uno stile – evidentemente incomprensibile perché in anticipo sui tempi di almeno 30 anni per la letteratura italiana – che si è rivelato una sorta di boomerang: sottovalutato e sminuito quando Fenoglio era in vita, lo ha fatto diventare poi un grande scrittore e, grazie alla sua unicità, ha reso le sue opere dei capolavori originali, esclusivi, irripetibili.
Per Baricco la grandezza di Fenoglio è stata proprio il suo saper raccontare storie ordinarie secondo uno stile unico per quei tempi, che ripropone a suo modo il linguaggio cinematografico e la sua modalità di osservazione: una modalità che ci costringe a osservare certe scene quasi come fossero realtà in cui il narratore sparisce, proprio come avviene con la macchina da presa.
Fenoglio mette in scena magistralmente azioni di uomini e di donne che conosce bene, e ci riesce senza descriverle, solo ed esclusivamente mostrando i loro gesti e riproducendo le poche parole pronunciate dai personaggi delle sue storie.
L’esempio di Fenoglio diventa così un esempio eloquente di quanto l’originalità dello stile sia la vera chiave di volta per fare di una storia qualcosa di speciale, capace di resistere al tempo e anche alle critiche.
Perché una storia non è altro che il modo in cui chi la racconta riesce a darle voce, secondo il proprio personale vissuto, il proprio modo di vedere il mondo, perché è l’unico interlocutore di qualcosa che è universale, ma che diventa esclusivo grazie al modo in cui viene raccontato.
Non solo:
«Si ha per lo più la convinzione di raccontare cose che ci sono accadute, e di farlo in base a come siamo fatti. Ma la moltitudine di scelte istintive che facciamo per narrare viene più probabilmente da quel che non siamo ancora, e da cose che ancora non sono successe. In una zona di cui controlliamo poco, e che potremmo anche chiamare inconscio, peschiamo modi e materiali che sarebbero nostri ma non lo sono ancora: in quel gesto vengono al mondo diventando profezia avverata. Chi racconta, diventa. Non si limita a organizzare il passato ma suscita il futuro. Mentre apparentemente rilegge pagine già scritte tempo prima, con la parte più animale e istintiva del suo narrare sta scrivendo le pagine bianche che si era lasciato indietro. In questo modo, narrando, completa un lungo andare, e giunge a compimento.»
È possibile vedere la lectio di Baricco su questo link YouTube.
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