L’energia di Chiara Francini irradia la Rocca Flea
Durante la serata del 4 agosto la statuaria rocca federiciana di Gualdo Tadino è stata teatro dello spettacolo Una ragazza come io per la regia di Nicola Borghesi: la scrittrice e attrice Chiara Francini, in un monologo scoppiettante scritto a quattro mani con il regista, ha messo in scena uno spaccato autobiografico, giocando con gli stereotipi e i luoghi comuni che hanno costellato il suo percorso di vita, dalla periferia di Campi Bisenzio all’attuale posizione di successo.
Un intenso viaggio umano che racconta la verità vera di una “fuoriposto” per antonomasia.
Un’ironia sferzante dal sapore tutto fiorentino accompagna gli spettatori, fin dall’esordio in cui l’attrice incarna lo status armonico per eccellenza, quello embrionale.
Da qui un’escalation di situazioni e aneddoti, attraverso un mondo diviso in tre categorie: poveri, arricchiti e ricchi, con la dovuta distinzione tra ricchi di destra, fieri di essere tali, e quelli di sinistra, che, cercando maldestramente di camuffare la loro agiatezza, nel fine settimana lavorano i campi vestiti da contadini dei tempi che furono.


La bambina con i vestiti riciclati dagli inquilini del terzo piano, la schiacciata, la nonna, nota come “Orlanda furiosa”, la Lucia, il fidanzatino con l’inconfondibile profumo chimico sono i protagonisti dell’infanzia e preadolescenza trascorse nella provincia, dove, tra mobili squadrati e pareti spugnate, il sentirsi diversa e fuori posto innesca la determinazione del riscatto.
Poi il liceo della Firenze “bene”, perché «ero povera, ma sveglia», l’amica ricca con la casa da ricca, in cui tutto trasuda ricchezza. Quindi l’invito nella tenuta della compagna che si rivela un’epifania, una sorta di fischio del treno di pirandelliana memoria: la finestra della camera si affacciava non sul mondo, ma su un’altra parte della casa, a dimostrazione del fatto che i ricchi dalle finestre guardano solo se stessi.
La scenografia kitsch con tanto di lucine natalizie che sfrigolano, fenicottero rosa, cactus, neon, divano costosissimo da coprire rigorosamente con la “pezzina” rivendica la posizione conquistata dagli arricchiti, ma anche quella libertà creativa di essere ciò che si vuole.
L’esperienza biografica dell’attrice sfocia dal particolare all’universale, aprendo delicati squarci sulla condizione femminile – condizione esplorata anche nei suoi libri, pensiamo al romanzo Mia madre non lo deve sapere – dalla lotta per affermarsi contro i pregiudizi nei confronti della bellezza prorompente alla maternità come bandiera che non sventola per tutte, fino alle frasi di circostanza che troppo spesso devono colmare voragini emotive imposte da una società che ragiona per etichette.
Un invito all’ambizione di dare voce alla propria natura contro le omologazioni del caso, seguendo il fluire della tensione verso la realizzazione di sé.
La Francini recita, urla, ride, balla, ci interroga e alla fine canta, perché «come il maiale non si butta via nulla».
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