Copertina The Whale

The Whale – Il peso del dolore

Senz’altro uno dei film più attesi dopo la standing ovation di sei minuti che Brendan Fraser ha ricevuto alla 79esima edizione della Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, The Whale (2022) è uscito nelle sale italiane nella seconda metà di febbraio. Seppur prodotto dalla casa di produzione e distribuzione cinematografica indipendente A24, la pellicola è stata distribuita in modo piuttosto capillare, anche in Italia.

Darren Aronofsky mette in scena un dramma commovente che si dimostra in grado, nell’affrontare un tema di estrema sensibilità, di toccare le giuste corde, evitando però il pericolo di risultare stucchevole.

Gran parte del merito va all’incredibile prova attoriale di Brendan Fraser, per la quale è stato candidato agli Oscar come miglior attore protagonista, vincendo la statuetta.

Il riconoscimento pressoché unanime di critica e pubblico, che ne ha tessuto le lodi sin da subito, ha un doppio significato simbolico poiché rappresenta la sua rinascita come attore e al tempo stesso la sua consacrazione.

The Whale – Tra dolore e rimpianti

Charlie è un professore che tiene corsi universitari online sulla scrittura creativa. La sua immagine è oscurata – colpa della webcam che non funziona, dice ai suoi studenti – ed è posizionata al centro del mosaico dove ragazzi e ragazze seguono attentamente le sue parole.

L’inquadratura stringe in modo claustrofobico sul quadrato senza immagine in mezzo allo schermo del pc, finché tutto diventa nero e lo spettatore si trova catapultato dall’altro lato della webcam.

Un divano in mezzo alla stanza fa fatica a sorreggere l’enorme peso di Charlie, evidentemente afflitto da una patologia alimentare. I suoi movimenti sono estremamente limitati e sempre finalizzati a procacciarsi del cibo con il quale (non) saziare il proprio appetito nervoso.

Ormai prossimo alla morte e deciso a non far niente per evitarla, nonostante gli estenuanti sforzi dell’amica Liz, tenta di riallacciare i rapporti con la figlia adolescente Ellie, abbandonata all’età di otto anni. Ogni tentativo sembra però scontrarsi con la rabbia e il rancore che la ragazza cova dentro da quando il padre se ne è andato, lasciando lei e sua madre per inseguire un altro amore.

Ellie - The Whale

Il cibo come medium

In The Whale, il cibo è il medium con cui Charlie riesce a materializzare tutto il dolore che lo schiaccia a terra, molto più della patologia dalla quale è afflitto. Ogni volta che si ingozza fino a morire, cerca di alleggerirsi dell’enorme peso che si trascina dietro, ma la soddisfazione che ne trae è momentanea e per giunta effimera.

Il perdono delle persone care può, al contrario, smorzare la forza di gravità che lo opprime a terra, fino a rendere il carico dei fallimenti, del dolore e dei rimpianti, se non leggero, almeno sopportabile.

In tal senso, la scena conclusiva si fa portavoce di questa macro-metafora, strizzando l’occhio a una redenzione che assume anche carattere biblico, almeno dal punto di vista estetico.

Lungo la storia, lo spettatore si avvicina gradualmente al tormento del protagonista, arrivando a comprenderlo in relazione ai suoi difficili trascorsi. Non c’è spazio in cui ci si possa nascondere dalle proprie scelte, né si può trasformare se stessi fino a rendersi irriconoscibili, per nascondere il proprio disgusto e, paradossalmente, nascondersi dietro quello che si suscita negli altri.

La citazione che apre il film, tratta da un tema scolastico della piccola Ellie su Moby Dick, e che in più passaggi si ripresenta, oltre al valore letterario che aggiunge, nella sua semplicità, può essere considerata la chiave di interpretazione di questa propensione alla fatica narrativa di raccontarsi, di mettersi a nudo di fronte agli altri, financo di accettare se stessi e le proprie scelte, anche e soprattutto quando non rimane altro che la tristezza da raccontare.

«Ho sentito un’immensa tristezza quando leggevo i noiosi capitoli descrittivi, perché sapevo che l’autore stava solo cercando di salvarci dalla sua triste storia, almeno per un po’.»

(Ellie)

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