L’ultimo film di Steven Spielberg
The Fabelmans, ultimo film di Steven Spielberg, è l’opera semi-autobiografica che tutti gli appassionati delle opere del celebre regista stavano attendendo. Uscito nelle sale statunitensi l’11 novembre 2022, in Italia è arrivato il 22 dicembre dello stesso anno e un mese dopo, nel gennaio 2023, si è aggiudicato la vittoria come Miglior Film Drammatico e come Miglior Regia all’ottantesima edizione dei Golden Globe.
The Fabelmans attinge direttamente al personale bagaglio di ricordi che Steven Spielberg ha custodito negli anni. Proprio come un autentico racconto di formazione, il film si prefigge di traslare sullo schermo la storia della sua vita a partire dall’infanzia, e lo fa attraverso una sorta di alter ego: Sammy Fabelmans, il cui cognome – proprio come accade spesso in questo genere letterario – conferisce il titolo alla storia.
Spielberg inizia il racconto negli anni Cinquanta, quando Sammy ha solo sei anni ed è un bambino che ha timore di andare al cinema. I genitori provano a incoraggiarlo: il papà, ingegnere informatico, non smette di spiegargli tutto ciò che sa del processo tecnico di un film, mentre la mamma, pianista classica che ha lasciato l’impiego per dedicarsi alla cura dei figli, incoraggia Sammy assicurandogli che i film sono sogni bellissimi. Due visioni agli antipodi, dunque, ma profondamente complementari: questa fusione di scienza e di poesia legherà per sempre Sammy al mondo del cinema.
La prima volta in sala, il bambino assiste meravigliato alla proiezione di Il più grande spettacolo del mondo di Cecil B. DeMille. C’è una scena in particolare che gli sta a cuore, quella dell’incidente ferroviario. Ne rimane folgorato al punto da decidere di volerla replicare in casa utilizzando il trenino giocattolo e la cinepresa del padre.
Immergersi nelle riprese è utile a Sammy anche per provare ad alienarsi dai disordini domestici: qualcosa infatti si sta rompendo nell’equilibrio familiare. La madre e il padre da lì a non molto decideranno di divorziare, segnando profondamente il giovane, che presenta un io scisso in due: da un lato la forma mentis paterna caratterizzata dalla predilezione per la tecnica e dall’altro la tempra artistica della madre che sarà alla base della formazione poetica del regista.
Tuttavia non è solo la separazione dei genitori a causare dolori e drammi in questa fase della vita di questo straordinario talento. Negli anni del liceo in California, infatti, Sammy assiste alla depressione della madre ed è inoltre vittima di bullismo in quanto ebreo. Il giovane riesce a reagire grazie a un incarico scolastico. Gli viene assegnata la realizzazione di un filmato da proiettare durante il ballo di fine anno. Tra le numerose scene di giovani che prendono il sole e si divertono in spiaggia, uno dei suoi aguzzini viene dipinto come uno sfigato privo di amici.
Per Sammy, l’atto della ripresa filmica diventa una forma di espressione nella quale si nota un’impellente urgenza comunicativa che sopperisce alla mancanza di parole di un ragazzo tutto sommato introverso. Filmare serve per comunicare, ma anche per esercitare un controllo quasi terapeutico sul mondo che lo circonda.
The Fabelmans è il ritratto di un giovane ragazzo e il racconto della realizzazione del grande sogno di uno dei registi più emblematici della seconda metà del Novecento. Questo film è il vertice della sua opera: indizi della propria vita sono in qualche misura già disseminati in ognuno dei suoi precedenti lavori, ma è qui che Steven Spielberg ci lascia una sorta di testamento contenente riflessioni sulla natura del cinema e sulle responsabilità della narrazione.
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