Les miens, titolo originale di Ritratto di famiglia, è il sesto lungometraggio del celebre regista francese Roschdy Zem. Sceneggiato a quattro mani da lui e dall’attrice e sceneggiatrice Maïwenn, il film è uscito nelle sale cinematografiche italiane la scorsa estate con buoni risultati di pubblico.
In parte ispirato alla vicenda del fratello di Zem, il film narra uno strambo episodio avvenuto a un uomo a seguito di un incidente; tuttavia la protagonista indiscussa dell’intera vicenda è una famiglia francese che vive la propria quotidianità in un clima contorniato da tanti alti e bassi.
Moussa è un uomo gentile e molto altruista, forse l’unica entità davvero positiva tra i tanti volti burberi che compaiono sullo schermo. È sempre stato un padre di famiglia esemplare, purtroppo però soffre molto poiché è stato lasciato dalla sua compagna. Lo sconforto fa sì che lui si trovi in una sorta di monotonia costante, rotta solo da una bizzarra serata in discoteca, quando subisce un forte shock a seguito di un incidente in cui batte la testa.
Da questo momento in poi Moussa cambia radicalmente atteggiamento: smette di essere mite e gentile e perderà ogni freno inibitorio. Assomiglia ora a suo fratello Ryad (interpreto dallo stesso regista), un presentatore televisivo da sempre criticato da amici e parenti a causa del suo eccessivo egocentrismo.
A risentirne sarà la famiglia, il microcosmo di legami che in una certa misura lui stesso provava a tenere in piedi con non poche difficoltà. A ognuno dirà qualcosa di più o meno spiacevole che in effetti rispecchia la realtà, motivo per cui Moussa adesso più che cattivo, forse appare come eccessivamente sincero.
Ci sono delle verità, molto spesso amare, che fingiamo di non voler vedere per non soccombere rispetto a una quotidianità che a volte sembrerebbe volerci schiacciare. Ciò è proprio quel che accade all’interno di questa narrazione familiare in cui un adulto, da sempre considerato un appiglio sicuro in fatto di saggezza ed equilibrio, parla svelando verità brutali e difficili da accettare.
Ritratto di famiglia effettua una lucida analisi dei rapporti parentali in quella che potrebbe essere una qualunque famiglia borghese dei giorni nostri. Le interazioni, le discussioni, le problematiche sono al centro di un nodo comune che se tirato, da un lato o dall’altro, rischia di frantumarsi. Spesso gli equilibri sono precari e c’è sempre bisogno di un evento che induca alla riflessione, per ristabilire un ordine.
Il film appare come un invito al dialogo, che a volte può risultare certamente complesso ma è in fondo sempre necessario in qualsiasi contesto. Qui la famiglia diventa solo il microcosmo di riferimento, ma lo stesso potrebbe valere a qualunque livello sociale.
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