Qui rido io

Qui rido io di Mario Martone

Qui rido io, film presentato in anteprima alla 78° Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, è una delle ultime pellicole del celebre regista Mario Martone. 

Distribuito nelle sale cinematografiche a partire dalla fine del 2021, è stato recentemente trasmesso in prima visione su Rai Uno, registrando un’ottima percentuale di share che rispecchia senz’altro il successo che ottenne ai tempi del festival di Venezia quando, per l’occasione, ricevette svariati riconoscimenti di grande rilievo. 

Il film ha un taglio biografico in quanto narra – con una buona attinenza al reale – la storia di Eduardo Scarpetta, uno dei più celebri drammaturghi italiani del secolo scorso, autore di commedie di formidabile successo come Miseria e Nobiltà o Nu turco napulitano, che visse un’esistenza letteralmente all’insegna del dramma: amori, tradimenti, una famiglia allargata con qualche figlio di troppo e uno straordinario talento, il tutto traslato – più o meno esplicitamente – sulle quinte di un palcoscenico. 

Qui rido io

La pellicola si apre con un Eduardo Scarpetta, interpretato magistralmente da Toni Servillo, ormai già al vertice della sua scalata nel mondo del teatro napoletano negli anni della Belle Époque. L’attore si diletta soprattutto nell’interpretazione di Felice Sciosciammocca, protagonista della commedia Miseria e Nobiltà, personaggio che allora stava riscuotendo un enorme successo di pubblico.

Questa commedia, tra l’altro, viene messa in scena più e più di una volta per l’intera durata del film; attraverso le numerose rappresentazioni lo spettatore percepisce il trascorrere del tempo, dal momento che il soggetto rimane lo stesso ma cambiano in parte gli interpreti. Un ruolo di primaria importanza, infatti, è ricoperto dalla famiglia di Scarpetta i cui membri si alternano sul palcoscenico come interpreti.

Un esempio in tal senso è quello costituito dalla figura del piccolo Peppeniello, figlio di Felice, il quale viene portato in scena dai piccini della famiglia, dunque rispettivamente in ordine di età prima da Titina, poi da Eduardo e infine da Vincenzo. Questi ultimi diventeranno i celeberrimi fratelli de Filippo, figli illegittimi, mai riconosciuti da Eduardo Scarpetta che devono etichettare come zio, pur essendo consci del fatto che sia loro padre.  

All’interno di questo nucleo familiare molto composito e variegato c’è chi, come il piccolo Eduardo de Filippo, mostra fin da subito una grande propensione per vivere sotto il segno dell’arte teatrale, nonostante i divieti di sua madre che lo vorrebbe lontano da questo mondo arrivista in cui pur di ottenere il successo si è pronti a fare qualunque cosa; d’altro canto poi c’è chi come Vincenzo – figlio legittimo – desirerebbe allontanarsene il più in fretta possibile. 

Qui rido io

A interrompere l’equilibrio della famiglia irrompe l’idea di Scarpetta di portare sulle scene un’opera molto particolare, ovvero Il figlio di Iorio, parodia in chiave comica del ben più celebre dramma La figlia di Iorio di Gabriele D’Annunzio.

Luisa, sua moglie, proverà a metterlo in guardia rispetto ai pericoli che ciò potrebbe comportare, ma Eduardo – vittima di una spropositata ambizione – crede follemente nel progetto, motivo per cui, dopo essersi recato da D’Annunzio per chiedere il consenso e aver ricevuto una risposta alquanto vaga, il 3 dicembre del 1904 finalmente lo spettacolo debutta al teatro Mercadante di Napoli. 

Scarpetta, convinto che il suo pubblico come sempre apprezzerà, riceve invece una spiacevole sorpresa: tra la platea si annidano numerosi esponenti di una nuova generazione di drammaturghi che con fischi e schiamazzi provocano la brusca interruzione del tanto atteso debutto. 

Da qui segue una querela da parte dello stesso D’Annunzio che lo denuncia per plagio. Il processo in tribunale, prima storica causa sul diritto d’autore in Italia, getterà in subbuglio l’intera famiglia.

I grattacapi legali si scontrano con una serie di problematiche: il figlio Vincenzo, ad esempio, l’erede designato, vorrebbe affrancarsi dal padre per approcciarsi all’arte del cinematografo che sta divenendo sempre più popolare.  Paradossalmente solo la giusta dose di ironia servirà a far uscire Scarpetta dalla grande impasse, salvando la sua reputazione e la sua fama. 

L’assoluta centralità conferita alla famiglia all’interno del film di Martone mette in luce come vita e teatro fossero per Scarpetta una cosa sola, difficile da discernere, una dimensione in cui capofamiglia e capocomico quasi si sovrappongono.

L’intenzione di alcuni dei membri di prendere strade differenti appare allora come un grave tradimento all’impresa di famiglia e all’uomo-Scarpetta che, nonostante il volto da burbero padre-padrone, è in realtà un uomo fragile lontano dall’immagine del plateale istrione che lo spettatore percepisce all’inizio del film. 


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