In questo anno pasoliniano non poteva mancare un reading di quelli fatti bene, di quelli con una grande voce, di quelli che piacciono a noi.
Le tre P di PierPaolo Pasolini si sono incontrate con le tre P di PierPaolo CaPovilla a Umbertide il 23 giugno all’interno della rassegna “Estate in Piattaforma” promossa dall’Anonima Impresa Sociale.
Inevitabile dunque scegliere tre parole con la P, per provare a raccontare il connubio tra la poesia di Pierpaolo e la voce di Pierpaolo, fusione felicissima.
Poesia
Pasolini affida i suoi versi alla pagina, e Capovilla rimuove la polvere che inevitabilmente si deposita su quei libri rimasti chiusi per troppo tempo, che non dialogano più con noi, lasciati sbilenchi sopra le mensole e li resuscita come Cristo con Lazzaro.
La sua scelta è nitida, ferma, ricade su un solo volume, il lungo poema “La religione del mio tempo”, edito da Garzanti nel 1961, dedicato a Elsa Morante, in cui Pasolini rielabora in poesia le sue riflessioni politiche, personali e religiose, concentrandosi sull’arco di tempo che va dal 1955 al 1960. Pasolini, su questo libro, afferma: «Le opinioni politiche del mio libro non sono solo opinioni politiche, ma sono, insieme, poetiche: hanno cioè subito quella trasformazione radicale di qualità che è il processo stilistico».
E Capovilla lo legge TUTTO. Sale sul palco in sordina, toglie un centinaio di oggetti (chiavi, monete, sigarette) dalle tasche della giacca, dei pantaloni, spiega brevemente cosa è questo volume di poesia civile, accenna al volo dell’usignolo, si sofferma sulla contestazione pasoliniana alla Chiesa e poi legge, legge a suo modo, legge sulle orme del maestro della voce Carmelo Bene, interpreta il testo al di là della punteggiatura, accelera e rallenta, fa esplodere al momento giusto alcune parole e sempre al momento giusto le sussurra, e sa perfettamente che le pause sono essenziali, sono esse stesse parte del testo, e per un’ora tiene il pubblico avvinto e avvolto nella magia delle parole.
Potenza
Potenza del messaggio del poeta che oltrepassa i sei decenni che ci separano da quei versi. Potenza della voce capovilliana da rocker e da attore che entra in ogni fibra di chi ascolta. Capovilla termina il reading con queste parole: «Ci fosse, ai giorni nostri, un Pierpaolo Pasolini a raccontare l’Italia, ci fosse ora un intellettuale come lui, scomodo…» E io aggiungo: «Ci fossero altri lettori, altre lettrici come Capovilla a portare nei teatri, nelle strade, nelle piazze la letteratura che risveglia gli animi assopiti dalle televisioni…»
Spesso la lettura silenziosa non sprigiona la giusta potenza depositata sulla pagina. Un interprete può farci comprendere appieno la forza di quelle parole. Gli attori e le attrici non sono solo entertainment, sono essenziali per restituire i pensieri di un artista alla società civile e per accendere dibattiti.
Un esempio su tutti per celebrare la potenza del verso di Pasolini a cui Capovilla dona la potenza della voce, in cui si riflette lo scandalo e l’invettiva luterana diretta è l’anafora di Guai a chi:
Nessuna delle passioni vere dell’uomo si rivelò nelle parole e nelle azioni della Chiesa. Anzi, guai a chi non può non essere ad essa nuovo! [...] Guai a chi con vitale dolore si dona a una causa che non vuole se non difendere la poca fede ancora rimasta a dar rassegnazione al mondo! Guai a chi crede all’impeto del cuore debba l’impeto della ragione rispondere! Guai a chi non sa essere misero [...]. Guai a chi crede che la storia ad una eterna origine [...] si sia interrotta [...] e non sa che è erede la Chiesa di ogni secolo creatore [...]. Guai a chi non sa che è borghese questa fede cristiana, nel segno di ogni privilegio, di ogni resa, di ogni servitù; che il peccato altro non è che reato di lesa certezza quotidiana, odiato per paura e aridità; che la Chiesa è lo spietato cuore dello Stato.
Periferia
La disperazione del degrado in cui si abbandonano troppo spesso le periferie del mondo, in cui anche il mondo cosiddetto civile rilega migliaia di persone ai margini delle città tentacolari e concupiscenti sfocia però, in Pasolini (e Capovilla lo sottolinea) nella speranza: «La disperazione senza speranza sfocia nel nichilismo», dicono all’unisono i due Pierpaolo:
Quanta vita / l’essere corso ogni mattina tra resse / affamate, da una povera casa, perduta / nella periferia, a una povera scuola / perduta in un’altra periferia: fatica / che accetta solo chi è preso alla gola, / e ogni forma dell’esistenza gli è nemica. Pasolini cantore della vita ai margini, del degrado, di chi è preso alla gola, poeta e scrittore attivo, civile politico, che denuncia le condizioni di vita del sottoproletariato. Si entrava negli anni Sessanta, ma le cose sono cambiate?
Capovilla, non pago della meraviglia destata, legge ancora: La ballata delle madri, Una luce, Bandiera rossa, Alla mia nazione e altre poesie.
Ma non date troppo retta a Pierpaolo Pasolini: «Sono un poeta, cioè un matto». E non datene troppa nemmeno a Pierpaolo Capovilla, credo che attori e rocker siano un po’ matti pure loro. Soprattutto non datene a me.
Alcune foto presenti sul sito provengono, salvo dove diversamente specificato, da internet e si ritengono di libero utilizzo. Se la pubblicazione non fosse ritenuta consentita, il legittimo proprietario può contattarci scrivendo a info@nextaudiolibri.com: l’immagine sarà rimossa oppure accompagnata dalla firma dell’autore, laddove non presente.