Scomparsa solo qualche mese fa, l’8 giugno 2022 a 87 anni mentre la Biennale di Venezia le rendeva omaggio esponendo le sue opere nel padiglione centrale, Paula Rego è stata tra le migliori e più apprezzate artiste di oggi. Sovversiva, anticonformista, femminista e dirompente dissacratrice dei luoghi comuni, ha sempre usato una pittura che quasi si avvicinava all’illustrazione per bambini per contestare la società e la politica del nostro tempo.
Nata nel 1935 a Lisbona, si trasferisce a Kent a 16 anni. Frequenta la School of Art ed esordisce sulle scene artistiche nel 1962 con le prime esposizioni a Londra per poi conquistare tutto il mondo.
Con la sua pittura densa e precisa che si avvicina al naïve – termine francese traducibile con “ingenua” coniata per gli artisti privi di formazione accademica – racconta storie, leggende, favole e tradizioni, ma la sua semplicità è puramente estetica perché, senza mezzi termini e con una forza travolgente, affronta battaglie politiche per i diritti umani, primi fra tutti quelli delle donne con le serie Dog Women, Abortion, e Female Genital Mutilation che la stessa Rego ha commentato dicendo «Cerco di ottenere giustizia per le donne… almeno nelle immagini».
La semplicità delle sue immagini sono di un realismo tagliente che nasconde partecipazione emotiva e soprattutto un grande acume intellettivo supportato da una profonda cultura che spazia dalla letteratura classica e contemporanea alle lezioni di grandi artisti come Goya, Bosh e de Chirico di cui ne sviscera e rielabora tecniche e impostazioni. Raggiunge quasi il grottesco e la violenza per parlare di soprusi, sofferenza, brutalità con scene raccapricciati, dense, dai colori torvi e contrastanti che mietono paure e ribaltano gli standard del pensare comune.
Ha rappresentato le urla delle donne per affermarne la dignità impostando scene di vita domestica con donne cattive, che digrignano i denti, che sono prive di spirito della maternità e del loro ruolo di mogli. Ha strillato la sua avversione all’aborto illegale nel momento in cui il Portogallo era chiamato al voto per un referendum che ha poi davvero approvato il diritto all’interruzione volontaria della gravidanza. Un risultato che, secondo il pensiero di molti, è stato facilitato proprio dalla battaglia artistica intrapresa dalla Rego.
Usa pastelli e colori a olio, incisioni, stampe, collage, sculture di mostri umani calati nella quotidianità di regole sociali da combattere e scardinare, tutte situazioni che spesso provengono dalle storie di paese che sua nonna le raccontava da bambina e avevano per protagoniste donne costrette al matrimonio e alla vita da casalinga sotto gli ordini dei loro uomini dalla figura paterna prima e da quella del marito dopo.
Paula Rego è stata la prima artist-in-residence alla National Gallery di Londra e la sua nazione di adozione l’ha insignita del titolo di Dama Comandante dell’Ordine dell’Impero Britannico. Lo scorso anno la Tate Britain ha presentato una sua retrospettiva composta da cento opere che è stata la più completa e, purtroppo, anche l’ultima dedicata all’artista portoghese ancora in vita.
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