Marracash infiamma il Palazzo dello Sport di Roma
Concerto del 1 ottobre 2022
«Mi manchi come un concerto»: la frase mi rimbalza dentro nell’attesa corale di migliaia di persone pronte ad accogliere l’arrivo sul palco di Marra, che dopo due anni di stop finalmente è ripartito con il proprio tour.
Come un deus ex machina il cantante scende dall’alto ed è subito show. Una theia mania invade la platea, siamo parte di un corpo fluido dai mille tentacoli che vibra all’unisono.


Il rapper sfoggia una presenza scenica tale da far scolorire chiunque salga sul palco al suo fianco: scevro da qualsiasi risvolto narcisista, lontano da impeti autoreferenziali, non così rari nel settore, è presente qui e ora, donandosi al pubblico con generosità e con un’energia strabordante.
Manipola le parole con arguzia e maestria, crea immagini dense nella loro corposa verità, tramite una sintesi cristallina riesce a fotografare stati emotivi tali da mettere a dura prova i migliori psicoterapeuti.
E tra una rima, una provocazione e, perché no?, una sana parolaccia arriva il tocco poetico a folgorare i suoi testi e con essi tutti noi.


Prendiamo Laurea ad honorem, una delle canzoni dell’ultimo album Noi, loro, gli altri, un inno a «tutti i ragazzi disastrati / venuti su dritti / che vivono in case cadenti / fra le rovine delle loro famiglie», le cui metafore, similitudini e sinestesie nulla hanno da invidiare ai tradizionali poeti pubblicamente riconosciuti come tali. Ascoltare per credere!
«E mandi giù le illusioni Finché non senti neanche più il sapore.» «Ti fai ruvida come il paesaggio.» «E le ossa rotte di ricordi dei tuoi occhi quasi blu.» «Sai galleggiare tu sopra il dolore.»
Da insegnante di Lettere partirò proprio da qui per parlare ai ragazzi di poesia e corrispondenze.
I brani proposti fanno capo anche all’album Persona, uscito nel 2019, il cui tour previsto per il 2020 era stato bloccato causa covid: ogni canzone, legata a una parte del corpo, concorre a rivelarci la profonda umanità di Marracash, che si espone con tutte le proprie fragilità, dando loro voce e soprattutto corpo. L’uomo dietro il personaggio, è questo che il pubblico sente e ama:
«Fame di fama, ovunque là fuori E sento aria di casa tra ‘sti palazzoni E il massimo dell’ambizione che c’è quaggiù È passare dalla parte della gente che ruba Io sono contro la felicità Contro mia madre, le feste, la puntualità E puoi viaggiare, però resta dentro di te Non puoi uscire dalla tua pelle.» Bravi a cadere – I polmoni
«Se la depressione cala, è una nebbia fitta Non è né noia, né dolore Ma la sensazione che Non ci sia un noi, non ci sia un dove.» G.O.A.T. – Il cuore
Gli effetti scenici dialogano perfettamente con il personaggio, che si carica della grandiosità di una divinità ctonia ogni qual volta interagisce con le fiamme che si stagliano dal bordo del palco.
Alla fine, tra una miriade di coriandoli, Marracash se ne va, lasciando un vuoto cosmico che si accende di nostalgia: in un tempo record la gente defluisce e il silenzio che cala improvviso assume i tratti di un sogno dalle tinte felliniane.
La quiete dopo la tempesta, una tempesta di cui avevamo tutti, da tempo, urgente bisogno.
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