Filumena Marturano, che ha debuttato in prima visione su Rai Uno lo scorso dicembre, è un adattamento cinematografico a cura del regista Francesco Amato, tratto dall’omonima commedia del drammaturgo Edoardo De Filippo.
De Filippo la scrisse nel 1946, dopo aver conosciuto Luigi Pirandello; l’influenza del noto autore siciliano fu decisiva per lui poiché determinò, tra l’altro, l’apporto nel teatro edoardiano di elementi filosofici esistenziali che ben si colgono in un’opera come Filumena Marturano.
Non è la prima volta che, nella storia del cinema, un regista abbia portato sul grande schermo questa celebre commedia: nel 1964 infatti Vittorio De Sica diresse Matrimonio all’italiana con protagonisti Sophia Loren e Marcello Mastroianni, che gli procurò numerosi riconoscimenti.
Lo stesso De Filippo inoltre ne ha tratto un film omonimo nel 1951, che ha diretto e interpretato insieme alla sorella Titina, oltre che la versione televisiva del 1962 con Regina Bianchi nei panni di Filumena.
L’operazione di Amato si contraddistingue per aver scelto come attori protagonisti due valenti personalità che già in Imma Tataranni hanno impersonato la coppia marito-moglie, ovvero Vanessa Scalera e Massimiliano Gallo.
La loro complicità rende vivido il legame contraddittorio che lega i due personaggi nella scrittura originale: Filumena è una ex prostituta da sempre innamorata di Mimì, un uomo che ha conosciuto proprio in veste di meretrice e che da allora lui ha preso con sé come governante nella sua casa.
Il sentimento è sicuramente in parte ricambiato anche se Mimì non riesce ad accettare l’avanzare dell’età, motivo per cui trascorre svariate ore delle sue giornate a divertirsi con donne sempre diverse.
Molto spesso la cornice delle opere di De Filippo è un ambiente domestico carico di sofferenza, in cui i ruoli uomo/donna sono molto ben marcati e spesso in conflitto tra loro. La grandezza di questa commedia sta nel fatto che Filumena sia una donna estremamente forte che, nonostante l’ingente dolore che ha dentro, è capace di amare profondamente e di imporsi con tutta la sua forza proprio con quell’uomo con cui in fin dei conti ha condiviso la vita.
Se Medea nella tragedia greca, invasata da un folle amore, uccide i suoi figli per mera ripicca, qui la situazione si ribalta e diviene diametralmente opposta: Filumena potrebbe apparire come una moderna anti-Medea, una donna che per proteggere i suoi figli e dar loro un futuro dignitoso rinuncia ad accudirli e si limita a osservarli da lontano, per poi riprenderli con sé e dar loro l’amore che meritano.
E figli so’ ffigli. E so’ tutti eguali
diceva Filumena a Mimì Soriano quando lui le chiedeva insistentemente quale dei tre figli fosse il suo. Parrebbe assurdo che una donna si rifiuti di rilevare dettagli sulla paternità all’uomo che ama, eppure il suo agire è giustificabile in virtù del fatto che il suo unico desiderio è quello di ritrovare l’unità di una famiglia che non ha mai realmente avuto e che per riuscirci arriva a soluzioni estreme, come ad esempio il fingersi in fin di vita pur di farsi sposare.
Il film di Amato è sicuramente molto fedele al testo di partenza, e allo stesso tempo si notano i riferimenti e le relative ispirazioni ai numerosi adattamenti cinematografici che negli anni lo hanno preceduto; d’altronde si tratta dell’opera di De Filippo forse maggiormente rappresentata sul grande schermo, dunque era inevitabile che si tenesse conto della lunga trafila di rifacimenti già esistente.
Nonostante ciò, la Filumena Marturano di Amato andrebbe sicuramente vista, per ritrovare – grazie alla bravura di un cast di tutto rilievo – la bellezza di una storia che è indubbiamente uno dei capolavori teatrali italiani nel mondo.
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