Gineva Van Deflor ama la scrittura in modo viscerale. Sin da piccolissima, quando ancora le lettere erano per lei segni astrusi e incomprensibili, fingeva infatti di comporre testi e versi scarabocchiando ciò che le capitava a tiro.
Negli anni è riuscita a rendere la sua passione pubblica, riscontrando da subito l’entusiasmo dei lettori. Oltre ad aver lavorato come redattrice, ha pubblicato in self-publishing il libro Back to school. L’insostenibile pesantezza dell’essere Genitori-di-Allievi, una sorta di manuale di sopravvivenza in chiave ironica per genitori che hanno bambini alla scuola primaria.
Ginevra ha recentemente partecipato al Premio Andersen e ha vinto il Trofeo Baia delle Favole 2022 con l’opera “LUProcesso”.
Ciao Ginevra, inizio subito con la prima domanda: quando è nata la tua passione per la scrittura?
Amo la scrittura da sempre. Credo però che un contributo notevole alla mia passione l’abbia data la mia insegnante delle elementari, la Maestra Angela (con la maiuscola, perché da bambini le maestre hanno tutte la maiuscola, a volte anche tutte le lettere, non solo quella iniziale).
Lei mi ha dato la possibilità di giocare con le parole, e in seguito altre professoresse di italiano altrettanto capaci e fantasiose che ho avuto la fortuna di incontrare hanno contribuito ad alimentare la mia passione. A riprova del ruolo fondamentale dei “buoni insegnanti” nella vita delle persone.
Tra le altre cose, scrivi anche fiabe: qual è la differenza principale rispetto al relazionarsi con lettori adulti?
La prima cosa che mi viene in mente è la libertà. Credo che la principale differenza sia che posso permettermi di sperimentare maggiormente, e quindi di giocare di più. Mentre con dei lettori adulti si hanno meno margini di manovra, in particolare se lo si fa sperando di venir pubblicati.
Ci sono più generi codificati, non sempre in età adulta si è interessati a molti soggetti, ma ci si limita un po’ sempre ai soliti “noti”, si è meno disposti a volare con la fantasia e si rimane più ancorati al quotidiano… Insomma, alla fine, trovo ci si diverta meno.
Quali sono le fiabe e le favole classiche che hanno segnato la tua infanzia?
Direi due in particolare: Dieci storie per giocare, dell’onnipresente per me Rodari, e I vestiti nuovi dell’imperatore di Andersen (che evidentemente era in qualche modo nel mio destino). La prima già dal titolo racchiude buona parte del mio amore per la scrittura (la creazione di storie e il gioco).
In più ricordo che ce le leggeva mia madre e a me piaceva moltissimo l’idea di poter scegliere il finale, un po’ perché mi dava già la possibilità di avere un ruolo attivo nel racconto della storia, un po’ perché rendeva la favola più aperta, donava più possibilità.
La seconda perché tuttora mi capita di stupirmi vedendo qualcosa di così evidente (come, nel caso della favola, che l’imperatore fosse nudo) e rendermi conto che il resto del mondo pare non accorgersene o fa finta di nulla.
Quali sono, invece, i testi di letteratura per l’infanzia contemporanea che maggiormente ti hanno colpita?
Moltissimi, per cui cito i primi che mi vengono in mente: la serie La più incredibile storia mai scritta di Eduardo Jáuregui e Pierdomenico Baccalario; la serie La terra delle storie di Chris Colfer; tutti i vari Roald Dahl; la serie Ulysses Moore! sempre di Baccalario; Les autodafeurs di Marine Carteron. E poi, vabbè, Coraline di Neil Gaiman.
Recentemente hai avuto un importante riconoscimento grazie alla vittoria del trofeo BAIA delle Favole all’Andersen Festival.
Prima di tutto ti chiedo: qual è stata la tua reazione a caldo? Quali sono state le primissime emozioni?
Mi vergogno un po’ a dirlo, perché forse sembrerà eccessivo: appena ho ricevuto la telefonata ho cercato di mantenere un tono diciamo di nonchalance, come se certo, fossi onorata, ma insomma alla fine siamo tra professionisti (o, nel mio caso, aspiranti tali).
Il tutto mentre saltellavo come una molla per la felicità, la sorpresa e l’emozione. Poi, quando ho chiamato mio fratello per dirglielo, beh… ho iniziato a piangere. Senza sapere perché, gli ripetevo: «No, è una buona notizia, non so perché ma piango” mentre a lui, povero, gli stava venendo un coccolone per la paura che fosse successo qualcosa.
E mentre mio figlio mi guardava stranito chiedendo: «Ma mamma, non avevi vinto?». Però per me è stato davvero un onore enorme, perché l’Andersen è comunque IL PREMIO ANDERSEN (e per gasarmi all’istante e autogiustificarmi della reazione, mi sono detta: «Quello che ha vinto pure Calvino, eh? Mica noccioline»).
Come si è svolta la premiazione, ti va di parlarcene un po’?
Volentieri.
Intanto la premiazione si è svolta alle 10 del mattino di sabato 11 giugno a Sestri Levante. Abitando noi in Francia, siamo dovuti partire il giorno prima e ne abbiamo approfittato per restare tutto il weekend. La cerimonia mi ha riservato un’altra grande sorpresa ed emozione: a premiarmi è stato Alessandro Bergonzoni, attore, scrittore, artista che ammiro da sempre.
E che si è rivelato la persona straordinaria che pensavo fosse. La premiazione si è svolta come si svolgono di norma questo genere di cose: sono saliti sul palco, via via che venivano nominati, i vincitori delle varie categorie del premio, fino a quella conclusiva, che era appunto il Trofeo Baia delle Favole 2022. Cioè io.
Sono stata chiamata sul palco, sono riuscita a salire le scale senza inciampare clamorosamente alla Jennifer Lawrence agli Oscar, Bergonzoni mi ha consegnato il premio, che è una bellissima scultura, e l’attestato. E prima l’assessore Bixio ha letto le motivazioni per cui la mia favola, LUProcesso, è stata scelta dalla giuria, che era presente in parte sul palco in parte nelle prime file.
Il tutto mi è sembrato come un tempo dilatato – fintanto che è arrivato il mio turno, che sono salita, che ho ricevuto il premio, che ho ascoltato uno stralcio della mia favola letta dal presentatore.
E poi, come in un battito di ciglia, tutto è finito, abbiamo fatto un po’ di foto per i fotografi, ho risposto alle domande di qualche giornalista… È stato inebriante e un po’ surreale.
Dopo aver salutato e ringraziato i vari membri della giuria e la presidente Lidia Ravera, siamo andati a mangiare tutti insieme con la mia “claque” familiare.
Cosa ti aspetti dal futuro prossimo? Hai già in mente se e quando pubblicare la tua fiaba?
Cosa mi aspetto dal futuro, anche se prossimo, è un domandone. Diciamo che farò del mio meglio perché questo sia un punto di partenza e non di arrivo. Al momento sto dialogando con alcune case editrici.
Sono stata contattata da molte insegnanti che vorrebbero sapere dove trovarla, anche perché, col fatto che il LUPO cita in giudizio gli autori di favole che hanno scritto su di lui, credo che sia effettivamente interessante per loro anche a livello didattico.
E per quanto riguarda te, più in generale, quali saranno i tuoi prossimi passi nel mondo editoriale?
Una volta pubblicato LUProcesso, penso che mi occuperò, in accordo presumibilmente con la casa editrice con cui firmerò, di dare un ordine di priorità ai vari progetti nel cassetto e di revisionare quelli già quasi ultimati.
Rendere la mia favola uno spettacolo teatrale mi piacerebbe molto. Sto nel frattempo collaborando con un teatro di Montreal per dei reading di alcuni pezzi scritti in inglese da me e da un gruppo di altre persone un po’ sparse tra Canada, USA e Francia.
I pezzi saranno poi parte di un video che andrà sui vari social del teatro e probabilmente di una serata live nella stessa Montreal il prossimo autunno. Inoltre sto lavorando, con una regista teatrale francese, a una serie di podcast su una fiction scritta originariamente per il palcoscenico e che ora vorremmo riadattare.
Ah, quasi dimenticavo: ho appena pubblicato un micro-racconto sull’estate in una raccolta, Estate in cento parole, pubblicata da Giulio Perrone editore.
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