Un artista quasi autodidatta e portabandiera di quel movimento tutto italiano decodificato da Achille Bonito Oliva attorno agli anni Settanta con l’austero nome di Transavanguardia: se l’avanguardia è la capacità dell’arte di essere ribelle, innovativa, precedere i tempi, e quindi fondata su una società che vive di certezze anche economiche, allora la Transavanguardia va oltre questi canoni e affonda le radici sulla crisi economica-sociale di quegli anni e riporta gli artisti alla loro dimensione di creatori con le armi appropriate riconosciute nel pennello e nella tela.
È considerata una delle correnti postmoderne che in realtà ha un andamento trasversale poiché ritorna ogni tanto nel tratto in qualche artista contemporaneo, ma gli stessi esponenti che la componevano – Sandro Chia, Mimmo Paladino, Francesco Clemente, Nicola de Maria e lo stesso Cucchi – presentavano tratti molto diversi e dissonanti.
È una pittura immediata, a volte persino brutale per gli impasti e il colorismo, ma vi è un fondo di ironia pure nel riprodurre scenari misteriosi, inquietanti con creature immaginifiche e per niente stabilizzanti.
Enzo Cucchi, marchigiano classe 1949 nato a Morro d’Alba, è figlio di due contadini e già da bambino manifesta una rara predisposizione al disegno e alla pittura. Si diploma all’Accademia di Belle Arti di Macerata con una tesi sull’arte concettuale seguita dal suo insegnante e critico d’arte Armando Ginesi che, nel suo libro Cinquant’anni attorno all’arte, lo ricorda come uno studente irregolare che amava i laboratori e poco le lezioni teoriche, ma fu il primo a credere in lui con l’allestimento di una sua personale a Jesi (An).
Trasferitosi a Roma, si fa notare per la sua originalità nell’esprimere l’inconscio avvalendosi di qualsiasi strumento: pittura, scultura, disegno, materiali diversi e tecniche disuguali che si sposano sullo stesso supporto. Le sue figure, però, richiamano sempre un mondo naturale e popolare, quello delle sue radici a cui unisce l’essenza istintiva dei tentennamenti, delle paure, dell’allegria, della calma, insomma la sostanza umana composta di sentimenti primordiali.
Spesso le sue opere sono accompagnate da brevi versi che lui stesso scrive poiché anche la poesia è un’arte che in questo operare creativo accompagna la tela, la definisce, la completa, ne esprime la condizione.
Si ispira e ripropone i classici della letteratura e dell’arte italiana e straniera cimentandosi in mosaici, architetture, ceramica, scultura di forte intensità e sperimentando unioni di materiali discordanti come terra, ferro, tubi al neon per imbrigliare la luce fino a raggiugere il massimo potere espressivo del simbolo.
In ognuna si riconosce il tratto distintivo che unisce il sogno, inteso anche come incubo, e la meditazione secondo paesaggi metafisici che richiamano racconti biblici, mitici o letterari.
Dal 1980 diventa artista internazionale ed è ancora oggi uno dei più conosciuti e richiesti. È presente nei maggiori musei del mondo, dagli americani Moma e Guggenheim di New York agli europei Tate Gallery di Londra, Centre Georges Pompidou e Louvre di Parigi, dal giapponese Sezon Museum of Art di Tokyo ai maggiori musei italiani, così come numerose sono le mostre che si susseguono in giro per il mondo e di cui ormai è difficile tenere conto, come pure le installazioni e le collaborazioni con altri artisti e architetti, tra cui Mario Botta e Benedetta Tagliabue.
Il 2 maggio del 2012 l’allora Presidente della Repubblica Italiana Giorgio Napolitano lo nomina Commendatore al Merito della Repubblica Italiana.
Attualmente vive e lavora a Roma.
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