Opera di David Medalla

David Medalla, Parables of Friendship

Al Museion, Museo d’Arte Contemporanea di Bolzano, nel periodo compreso tra aprile e settembre di questo 2022 c’è stata una interessante mostra, la prima retrospettiva del filippino David Medalla, Parables of Friendship, scomparso nel 2020. È stata per me una splendida occasione per conoscere un artista multi-sfaccettato che si definiva “un enigma”.

Medalla è un artista che nasceva come contestatore nelle Filippine, terra conquistata dai Giapponesi e dagli Americani e mai veramente libera, e poi in Europa, e usava ogni tecnica per esprimere la sua visione artistica del mondo in modo interconnesso e senza filtri.

Negli anni Sessanta, nelle Filippine, essere gay, come lui, era punibile per legge, e lui già per questo “dissonava” con il mondo circostante. Fu in quegli anni, tra New York – dove studiava – e l’Europa, che trovò la sua dimensione, tra arte cinetica, land art, arte partecipativa e live art.

Questo solo per darci un’orientata, perché la sua idea di arte è più vicina al libero fai-da-te creativo che a qualsiasi definizione che lui, peraltro rifuggiva. Fondò la London Biennale, aperta a tutti gli artisti «senza restrizione di età, genere, orientamento sessuale, etnia, nazionalità e linguaggio artistico» (parole sue).

Nella mostra di Bolzano il simbolo del suo atteggiamento anticonformista potrebbe essere il foto-collage Bambi Shitting Dollars (1989), per niente “politically correct” e dall’umorismo “camp”. Molti sono i lavori effimeri su carta, collage, performance che chiamava “impromptu”.

Dopo l’impegno con Artists for Democracy (1974–77), si definì un «edonista trascendentale» e si dedicò all’esplorazione di tutti i linguaggi contrastando l’idea di “canone”, concetto occidentale che funziona molto nell’arte e nella letteratura ma che su di lui proprio non calzava.

«La sua pratica di decidere e organizzarsi da solo e sfidare le abitudini e le strutture istituzionali significa anche che il suo lavoro ha giocato un ruolo centrale nel contrastare il mondo artistico occidentale e i suoi meccanismi di inclusione ed esclusione, sviluppando al tempo stesso piattaforme e strutture alternative in cui potessero convivere lavori di artiste e artisti, pensatrici e pensatori, poetesse e poeti non occidentali.

Al cuore del pensiero di Medalla c’è anche qualcosa che parla con profondità e urgenza al nostro presente» (dal testo critico Metamorfosi di un enigma dei curatori della mostra, Fatima Hellberg e Steven Cairns).

Presente in molte collettive nel mondo, come al MOMA, docente a Londra, Southampton, Utrecht, Parigi, con numerosi premi ricevuti e molte opere in collezioni private, è rimasto però sempre sottovalutato perché non incasellabile.

Oggi, si chiedono i curatori sopracitati, un artista come Medalla può essere un esempio di pensiero libero? In un mondo in cui per essere accettati bisogna essere sempre e comunque “politically correct”? E non solo per quanto riguarda l’artista, poiché la recensione del critico è ormai sempre positiva e non è mai stroncatura.

Se l’artista rinuncia a fare il dissidente, chi lo farà per lui? Dunque la memoria di David Medalla, artista senza etichette, può tornare utile per darci una sveglia nella critica del mondo intorno a noi ed essere in piccolo anche noi un po’ artisti?


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