Tratto dall’omonimo romanzo della scrittrice statunitense Camille DeAngelis, Bones and All è l’ultima fatica di Luca Guadagnino, premiato a Venezia con il Leone d’argento alla regia durante la 79esima edizione della Mostra internazionale d’arte cinematografica. Inoltre l’attrice protagonista Taylor Russell, in qualità di miglior giovane emergente, ha ottenuto il Premio Marcello Mastroianni.
Sembra la storia di un’adolescente qualunque, tra fughe dalla finestra di casa e pigiama party con le amiche di scuola. Tuttavia Maren (Taylor Russell) non è una ragazza qualunque perché è dominata, sin dalla nascita, dall’impulso di cibarsi di carne umana. Abbandonata dalla madre, negli anni è stata protetta dal padre che, in seguito ai vari episodi di cannibalismo, la portava in una nuova città, ricominciando ogni volta da zero.
Una cassetta, un po’ di contanti, il certificato di nascita e un nuovo abbandono sono i regali del padre per i suoi diciotto anni. Maren inizia così un viaggio solitario in cerca della madre e del significato che dovrebbe avere la propria esistenza.
Bones and All – Un road movie sui generis
A scandire il ritmo di questo viaggio, sia esperienziale che interiore, sono due incontri del tutto fortuiti che sciolgono il primo nodo della sua esistenza: non è la sola ad avere questo impulso innaturale, fuori scala, nel rapporto fra natura e cultura all’interno della nostra società.
Il primo incontro è con Sully (Mark Rylance), che la invita a dare sfogo a quell’istinto naturale di mangiare carne umana che li contraddistingue. Tuttavia c’è da sottolineare l’importante aspetto che slega il cannibalismo dall’omicidio, perché i due si nutrono del corpo di una donna morta per cause naturali, rintracciata grazie allo sviluppato olfatto di Sully.
Il viaggio di Maren prosegue finché non s’imbatte nel giovane Lee (Timothée Chalamet), con il quale inizia un vero e proprio road movie. L’obiettivo è sempre quello di trovare la propria madre, ma è inevitabile che s’intreccino sogni, delusioni, dubbi, finanche un amore adolescenziale vestito di profonda maturità.
Fino all’osso
Bones and All significa letteralmente «fino all’osso» e indica il culmine della pratica del cannibalismo, ossia quando ci si ciba non solo della carne, ma del corpo intero, ossa comprese. L’estasi che si raggiunge non affievolisce la dimensione rituale che denota l’intimo rispetto per chi ha visto convertito il proprio corpo in carne e sangue, rovesciando il concetto biblico della transustanziazione.
In effetti, Guadagnino fa del cannibalismo il trait d’union che lega amore e morte in un groviglio inestricabile. Spirito, carne, vitalità, condivisione, tutto diventa linguaggio cinematografico con cui decide di far parlare i propri protagonisti, affamati di carne, assetati di sangue, e tuttavia mai sazi dell’amore reciproco.
È esattamente nel finale che quest’impronta registica schiaccia con forza il terreno della spiritualità. Ormai in fin di vita, Lee invita Maren a nutrirsi del suo corpo morente, cosicché possa per sempre far parte di lei, continuando a condividere quei sogni che per tutto il tempo avevano accompagnato il loro viaggio insieme.
L’ultimo atto di amore si consuma nella morte, in cui il cannibalismo assume un significato non riducibile a pulsioni o ad altri elementi naturali o culturali: semplicemente la biologia si trasforma in metafisica.
«Amami e mangiami.»
(Lee)
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