Air – Uno spot pubblicitario lungo un film

Il cinema è pieno di pubblicità. Sono più o meno evidenti e vengono regolamentate da appositi contratti milionari: macchine, moto, vestiti, cibi, occhiali. Ogni dettaglio di un film è scelto con cura: la produzione ci guadagna, e così pure l’azienda. Si chiama product management (screen se è sullo schermo, plot se nella trama o script se nella sceneggiatura).

In questi ultimi anni assistiamo a un passo ulteriore: tutto il film è una colossale pubblicità, come nel caso di “The founder” (McDonald) e… di “Air(Nike).

Il titolo: Air – La storia di un grande salto

Se The founder ha un titolo evocativo e generico, il titolo Air è già core business, mentre il sottotitolo italiano gioca abilmente su un doppio senso, dove la parola “salto” rimanda all’ambito sia sportivo che economico. Il mondo dell’economia e dello sport, che potrebbero apparire dicotomici, erano strettamente legati anche prima dell’accordo commerciale tra questa nota azienda di scarpe e abbigliamento sportivo, la Nike, e il rookie Mike Jordan.

Correva l’anno 1982, e da allora il mondo – sportivo ed economico – non fu più lo stesso.

La svolta

C’è una scena del film che fa da perno, ed è bellissima.

Alla Nike stanno decidendo su chi puntare per la prossima stagione, su quali giocatori distribuire lo striminzito budget assegnato dal CdA. Non possono permettersi nessuno dei primi tre del Draft (il terzo è MJ), perché la Nike sta passando un brutto momento.

Eppure, guardando e riguardando il tiro che Mike Jordan realizzò a 15 secondi dalla fine con la squadra dei North Carolina contro Georgetown che permise di vincere il titolo NCAA («With that shot, a legend was born», da allora nessuno lo chiamò più Mike), Sonny Vaccaro, l’esperto di basket della Nike, si fa una semplice domanda:

la tua squadra è sotto di un punto nella finale del campionato, mancano pochi secondi alla fine, hai un giocatore esperto e forte a centro aria, perché diavolo decidi di far arrivare la palla decisiva a un ragazzino?

Sonny manda avanti e indietro la cassetta nel VHS fino a quando trova la risposta:

quel ragazzino non sente la pressione (cosa che lui stesso dichiarò a fine partita: «Davvero non ho avvertito alcuna pressione. Era un tiro come un altro»).

Air: jordan da giovane.

Il contratto

E da qui diventa un’ossessione, per Sonny (un coriaceo Matt Damon). Giocatore d’azzardo, si gioca tutto su questo ragazzino, e fa puntare alla Nike tutto il budget concordato (e qualcosa di più). Lo segue in questa impresa anche l’AD Phil Knight (un eccentrico Ben Affleck). Jordan a quel punto è conteso dalle tre maggiori aziende del settore: la tedesca Adidas, la Converse e, appunto, la Nike (solo terza, ai quei tempi).

Per questo Sonny comincia a lavorare ai fianchi l’agente di Jordan, la madre e il padre. E soprattutto inventa una nuova concezione di marketing:

«la scarpa è solo una scarpa finché qualcuno non la indossa».

È il designer Peter Moore a realizzare la signature shoe, modellata sul piede dell’atleta. Nasce la Air Jordan, una linea esclusiva che rende ogni anno a MJ svariati milioni di dollari, e alla Nike molti di più.

First Air Jordan , foto delle scarpe

Pubblicità

E così ci son cascato con tutte le scarpe, è proprio il caso di dirlo. Recensire questo film – pregevole per tanti aspetti, tra cui sicuramente la bravura degli interpreti – non può che creare discussioni intorno al marchio, a quanto sono stati bravi quelli del team (geniali, direi, se non fosse questo un aggettivo abusato, abusandolo io stesso) e a quanto sono belle le Air Jordan (e sono davvero belle, forse non tanto resistenti visto che dopo poco più di un anno il paio che comprai io mi si spaccò).

Il mondo della pubblicità è diabolico.

Leggetevi 13,89 euro di Frédéric Beigbeder, se non ci credete:

«Tutto si compra: l’amore, l’arte, il pianeta Terra, voi, io.»

Air: Beigbeder

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