Una serata al Festival umbro
Se cercavi una recensione tecnica sulla prima giornata dell’Umbria Che Spacca, beh, fermati pure qui
Non ti parlerò di chitarre, bassi, distorsioni, arrangiamenti, assoli, interludi, virtuosismi, fa bemolle. Questo è solo il resoconto di un ritorno al concerto, uno sproloquio entusiasta dell’ascoltare la musica live in mezzo a persone sudate che bevono birra, chiacchierano ad alta voce, si abbracciano, litigano, pogano (poco) e tornano a casa come la Befana, con le scarpe tutte rotte o anche solo tutte impolverate.
Se invece ti sei imbattuto per caso in questo articolo, immagino tu non abbia grosse aspettative, continua pure a leggere, sei il mio lettore ideale.
I GIARDINI DEL FRONTONE
Prima giornata di musica ai Giardini del Frontone di Perugia, fine giugno, sul far del tramonto. Mi chiedo perché questo luogo non sia occupato ogni giorno da un evento, tanto è bello.
Arrivo in zona con spiccioli di speranza nelle tasche bucate, che immagino non ci sia posto e passerò le prossime ore a cercare parcheggio. Invece no, fermo la mia auto nera stile Batman senza targa anteriore (god bless the vigile che mi lascia andare), scendo dal veicolo e una fatina tatuata e dai capelli turchesi mi fa una foto, chiedo perché, mi risponde con un sorriso stellare che è solo per mandare la posizione all’amica. Così funziona tra i giovani. E io che pensavo mi avesse riconosciuto, o scambiato per uno famoso!
Bene, mi avvio, il concerto non è sold out come pensavo ed entro con il Maestro, un giovane direttore d’orchestra e bande (non criminali) uscito dal conservatorio senza ritirare mai il prestigioso papello.
Ho cannato tutta la prima parte, cioè Lei, Damix e Giulia Penna, che si sono esibiti nel pomeriggio.
Ovviamente non conosco nessuno della triade, sarà l’età, la mia e la loro, un gap che comincia a essere importante. Poco male, non averli sentiti, immagino non mi sarebbero piaciuti. D’altronde, il passaggio del testimone tra una generazione e l’altra è spesso così: i miei trovavano obbrobriosa la musica che ascoltavo io, io trovo l’autotune qualcosa di davvero fastidioso, che serve soltanto a nascondere una voce non degna di esibirsi su un palco.
NOBRAINO
Arrivo sostanzialmente per i Nobraino, ho giusto il tempo di bermi due birre a un prezzo esorbitante e indecoroso, però son fresche e devo restituire i soldi del biglietto al Maestro. I Nobraino mi piacciono, li ascolto da un bel po’, fanno parte di quelle band che metto nella mia playlist, insieme agli Zen Circus, Teatro degli Orrori (ahimè, estinti), i Management e altre. Non suonano live da tanto, io non li ho mai visti, solo sentiti, ma si sa, lo studio fa miracoli.
Per sintetizzare, per andare veloci come va di moda di questi tempi, ecco i pro e i contro.
PRO
Guardate la foto. No, dico, a parte che a livello scenico il concerto circense è stato una figata, ma bisogna essere davvero bravi per muoversi in quel modo e cantare contemporaneamente! Sul loro sito d’altronde lo esplicitano da subito: sono tutte persone di un sano principio, e questo principio è che la gioia creativa è più importante del buon risultato. Sprizzano e spruzzano gioia, i Nobraino, dai vestiti sgargianti agli zompi (salti), dalla musica che fanno ai giochi scenici che sono tanti ed esaltanti: dietro uno schermo bianco, il pubblico vede la performance dell’ombra peterpanesca di Lorenzo Kruger Ciavatta, o vedono il suo corpo prendere il volo e lui canta rovesciato, pancia all’aria a un paio di metri dal palco, sopra le teste del pubblico entusiasta.
CONTRO
Non sento la voce del cantante. Forse sono io non più abituato ai concerti live e va di moda così, adesso. No, il Maestro conferma: la regolazione dei volumi è indecente, sospetta che non abbiano fatto il check prima del concerto o che il fonico sia ubriaco lercio. Sarà che da parecchio tempo non si esibiscono, ma questa resta una pecca imperdonabile. Che poi io e il Maestro siamo gente di buon cuore, ci prendiamo un’altra birra, ci abbracciamo, cantiamo Ci droga Dio / Se ci pensi scopri che / Ti droghi pure te e perdoniamo il gruppo.
PAUSA
Poi c’è la pausa, abbastanza lunga, sul palco si cambiano gli strumenti e la gente si mette in fila per bere, rivedo la fatina tatuata con i capelli azzurri, le faccio una battuta, mi sorride e il cielo buio si illumina di stelle, io e il Maestro prendiamo la sesta o nona birra, ho perso il conto, poi ci si sposta di nuovo perché arriva il gruppo principale della serata, la gioventù spavalda credo sia qui per loro.
STATO SOCIALE
Lo Stato Sociale è una band fresca ma non troppo, se vogliamo attenta alle tematiche sociali, ma poi senti quel che dicono e ci ragioni un po’ su e pensi che sono davvero di sinistra, di questa sinistra degli ultimi anni, che non è più sinistra, che dice cose a volte di sinistra ma poi fa altre cose che di sinistra non sono. Quindi sì, la band rispecchia questa sinistra qui, che non è più sinistra. Finge interesse per le classi più deboli ma poi ammicca a quelle più abbienti.
Per esempio, senti versi di lotta sociale, di critica al sistema, senti Nasci rockstar e muori giudice ad un talent show / Nasci artista di strada e muori imprenditore che stride come le unghie su una lavagna, vedendo lui, Lodo Ghenzi, che il giude a X Factor l’ha davvero fatto, e gli fanno fare anche l’attore che io, vabbè, lasciamo perdere. Ma vabbè, appunto, è la nuova sinistra. Andiamo ai pro e ai contro.
PRO
Le cose migliori sono le parti lette (forse qui però è la parte NextAudiolibri che mi fa parlare), e tutti i brani cantanti da Supercarota (nome improbabile, comunque un nome e un cognome ce l’ha, è Enrico Roberto, o forse son due nomi). Lui è davvero forte, intenso, si sa muovere bene sul palco, segue la musica, alza e abbassa la voce nei punti giusti, fa ballare il pubblico. Anche l’alternarsi dei cantanti è un’operazione sicuramente riuscita. Anche che il quintetto si sposta come posseduto, come presa dal ballo di San Vito. Si muovono rapidi, si incrociano, creano una eccellente dinamica, sul palco, creano vibrazioni che si ripercuotono sul pubblico, trasmettono energia positiva. Il Maestro dice che i sintetizzatori e i sequencer sono un plus, l’alternanza tra momenti riflessivi e la spinta dei brani più celebri danno come risultato un concerto piacevole senz’altro.
CONTRO
La nota stonata, dice il Maestro che mi trova d’accordo, bevendo la dodicesima – o sedicesima birra – è l’eccessiva presenza di Lodo Guenzi che fa di tutto per farsi notare, e glielo fanno pure notare, gli altri del gruppo, ma niente, è più forte di lui, sembra un bambino capriccioso che tenta in ogni modo di farsi vedere dalla mamma perché sta facendo cose meravigliose e lei lo deve riconoscere, dirgli che è tanto bravo. Sembra iperattivo, lancia una chitarra all’indietro più e più volte durante il concerto a un povero membro dello staff che non solo rischia di farsi male, ma magari gliela farebbe pure ricomprare. E poi il povero membro (dello staff) lo segue in inutili stage diving, tenendo il filo dello strumento sperando che l’agonia finisca presto.
CONCLUSIONI
Insomma, ai concerti si va per stare insieme, ascoltare musica sì, certo, ma non solo, si va per chiacchierare, per vedere la multiforme e policroma umanità, per ricaricare le pile, per bere una ventina di birre e per consumarci d’amore. E L’Umbria che spacca ha il merito di fare buona musica e portare la gente fuori, unirla, farla sudare e allontanarla dagli schermi.
E poi dà lavoro, tanto, e tra queste persone che lavoravano ce n’è una, l’autrice di queste foto, Eleonora Goldoni, giovane fotografa che correva da una parte all’altra, sotto il palco (nei minuti concessi a quelli della stampa e rigorosamente cronometrati) e intorno e in mezzo alla gente, per raccontare in immagini quel che è stato.
E non è un racconto straordinario, il suo?
Seguitela: @elegoldonzz
Alcune foto presenti sul sito provengono, salvo dove diversamente specificato, da internet e si ritengono di libero utilizzo. Se la pubblicazione non fosse ritenuta consentita, il legittimo proprietario può contattarci scrivendo a cc@nextaudiolibri.com: l’immagine sarà rimossa oppure accompagnata dalla firma dell’autore, laddove non presente.