Diciotto scrittrici raccontano gli Stati Uniti del secolo scorso
In Italia i racconti non godono di una grande considerazione, eppure costituiscono il modo più immediato per entrare nel mondo narrativo di uno scrittore e individuarne la cifra stilistica, la tensione narrativa, la visione che si rispecchia in ciò che viene condensato in poche pagine.
La scelta di Giulia Caminito e Paola Moretti di curare una raccolta di racconti di scrittrici americane vissute a cavallo tra Ottocento e Novecento, molte delle quali poco conosciute o completamente inedite in Italia, potrebbe sembrare un azzardo.
In realtà è una scelta ponderata che ha uno scopo ben preciso: provare a dare voce a tutte quelle donne che – in quegli anni di grande trasformazione sociale, culturale, e politica in America – hanno provato a raccontare il loro mondo bistrattato e la loro voglia di riscatto, nonché il bisogno di essere parte di una società che, anche grazie a loro, stava attuando trasformazioni solide e importanti.
Una raccolta di voci femminili, dunque, recuperate con l’intenzione di restituire loro voce e dignità e creare un’eco che potesse attraversare lo spazio e anche il tempo, per riprendersi il giusto spazio nel mondo, soprattutto quello letterario e narrativo.
Un po’ come era stato per Americana di Elio Vittorini, antologia di racconti scritti da autori americani pubblicata nel 1941, il cui scopo era quello di far conoscere all’Italia e agli italiani non solo gli scrittori statunitensi, ma anche l’America stessa raccontata attraverso le loro storie, così Donne d’America – edita da Bompiani e curata da Giulia Caminito e Paola Moretti, con traduzione di Amanda Rosso – vuole riportare alla luce uno spaccato culturale e sociale, ma soprattutto narrativo, legato alle donne scrittrici e ai loro racconti che, in qualche modo, provano a inserirsi nella spirale dei cambiamenti che in quell’epoca stavano avvenendo.
Racconti dell’America a cavallo tra Ottocento e Novecento
Un modo per riscoprire autrici poco conosciute o dimenticate, ma soprattutto per acquisire consapevolezza della presenza femminile che contribuì fortemente, tra la seconda metà dell’800 e la prima metà del ‘900, a quella coralità che stava raccontando l’America: quell’America in cui molte trasformazioni stavano prendendo forma anche attraverso gli occhi e le parole delle donne con i racconti del loro vissuto, dei sentimenti da cui erano pervase, delle loro condizioni di vita personali e professionali.
Una raccolta di racconti che da un certo punto di vista può essere letta come un romanzo, in cui l’elemento immersivo, quello di cui spesso si sente la mancanza in questo tipo di raccolte, si presenta con una forma ad ampio raggio, in cui le protagoniste sono tante ma l’obiettivo di ognuna di loro diventa unico: la voglia, il bisogno, la necessità che tutte hanno di parlare delle donne, della loro condizione sociale, privata, professionale, per svelare, attraverso il racconto, quel mondo nel quale spesso erano costrette a rimanere perimetrate in certi confini, decisamente diversi da quelli aperti agli uomini.
Esiste, quindi, un fil rouge che accomuna questi racconti, un filo sottile che, nonostante la distanza delle autrici sia per cultura che per assetto sociale, e nonostante la diversità dello standard narrativo con cui certe storie vengono riportate, le unisce e le avvicina, facendole diventare anelli di un’unica catena: quella di essere donne in un tempo in cui gli uomini avevano di più – più spazio, più visibilità, più credibilità, più voce in capitolo.
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