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Anselm Kiefer: storia, mito e religione

«Questi scritti, quando verranno bruciati, daranno finalmente un po’ di luce». Questo è l’enigmatico titolo che Anselm Kiefer ha dato alla sua ultima fatica esposta nelle sale del Palazzo Ducale di Venezia.

Anselm Kiefer-Questi scritti quando verranno bruciati daranno finalmente un po di luce

La Serenissima quest’anno non ospita solo la cinquantanovesima Biennale, ma festeggia anche i suoi 1600 anni dalla fondazione.  I Musei di Venezia avevano chiamato Kiefer già nel 2019, ma solo da poco, terminata l’emergenza pandemica, i grandi appuntamenti culturali hanno ripreso nuovo vigore. L’idea era di progettare un’opera che celebrasse la città considerata da sempre punto di incontro e di dialogo tra Oriente e Occidente.

Kiefer ha creato un’opera monumentale per le sale del Palazzo Ducale. Ha scelto il titolo della alla sua mostra-istallazione dalle parole del filosofo Andrea Emo (1901-1983). Essa è composta da 33 grandi tavole che, come un enorme puzzle, ricoprono tutte le pareti di due sale.

Kiefer è solito inserire alcune frasi che esplicano e compongono anch’esse l’opera; non sono didascalie, ma citazioni che fanno parte del dipinto, lo riempiono, lo spiegano e lo interpellano lasciando all’ospite la riflessione. Oltre a Emo troviamo citazioni di Goethe, del geologo Alfred Wegener e della Bibbia.

Le pareti delle sale dello Scrutinio, dove si eleggeva il doge, e quella della Quarantia Civil Nuova, sono state espressamente ricoperte dai suoi immensi dipinti.

Opere che si sposano perfettamente con le architetture delle due stanze anche nei colori e nella loro severa sontuosità, tanto da sembrare nate con lo stesso edificio.

Non temono di coprire per qualche mese i grandi dipinti di Tiziano, Tintoretto, Bellini che celebrano la grandezza di Venezia. Kiefer è riuscito a dare continuità a questo racconto secolare interrogandosi sul mondo contemporaneo e costringendo il visitatore a riflettere su ciò che è l’esistenza nel nuovo millennio. 

Una nuova dimensione a cavallo tra l’inferno e la meraviglia

L’impressione che si ha entrando in questo mondo straordinario è quello di una nuova dimensione a cavallo tra l’inferno e la meraviglia: i libri bruciati di cui parla Emo sono tra i pali della laguna squarciati da fasci di luci.

  • Ci sono le barene (le zone di terra che emergono dalle acque tipiche della laguna) violentate dalle tempeste, scale appoggiate alle pareti che portano in un indefinito luogo – a noi decidere se salire o scendere –,
  • una bara aperta,
  • vestiti e scarpe dismesse, un sommergibile, i carrelli per la spesa e le biciclette appese ciascuna con un biglietto penzolante che riporta il nome di un doge, ma tutto ha un solo sfondo:
  • la laguna e il Palazzo Ducale, che con la sua sagoma accompagna questa riflessione sul mondo.

È un cammino antico e contemporaneo di uomini che viaggiano, migrano, di drammi privati e collettivi che si rincorrono nel tempo senza avere tempo, che si ripetono all’infinito e si interrogano sul domani.

Kiefer ha usato acrilici, lacche, corde, metallo, resine e soprattutto il colore oro, protagonista assoluto, che si dissipa in tratti di luce bianca e in silhouettes nere. Proprio la scelta di queste tinte, da lui molto amate, si amalgamano, quasi si confondono, con le regali e austere sale ducali che si trasformano un mondo fantastico.  

L’uomo dietro l’artista

Kiefer si è confrontato spesso con la storia tedesca, la memoria, il pensiero filosofico, il mito, e la sua arte è ricerca e riflessione su quel passato che ha definito il presente. È nato a Donaueschingen in Germania l’8 marzo 1945 e ha studiato prima giurisprudenza e poi arte. Grazie all’artista Joseph Beuys, sperimentatore instancabile e uomo politicamente attivo, investiga la storia e la letteratura tedesca dell’Ottocento e del Novecento usando la fotografia per la sua prima esposizione negli anni Settanta: Besetzungen (Occupazioni). 

Qui è lo stesso Kiefer il protagonista delle fotografie in autoritratti che lo vedono camuffato con abiti stravaganti in luoghi simbolici di Germania, Svizzera, Francia, Italia. Immagini in bianco e nero in cui compare sempre nella posizione del saluto fascista.

Gesto coraggioso e sovversivo in una Germania intenta alla denazificazione, all’insabbiamento e alla cancellazione della memoria nazionalsocialista. Quello di Kiefer non è l’amarcord nazista, non lo rimpiange, non gli appartiene, ma invoca la maturità dei tedeschi a non cancellare un passato che non si può cambiare, bensì a elaborare e superare quel momento storico della Germania lanciandosi verso il progresso.

Anselm Kiefer – Margarete

Dalla fine degli anni Settanta continua la sua ricerca storica affidata alla pittura materica composta di lacche e colori densi che si mescolano a metallo, carta, tela e presentano scorci paesaggistici astratti, cupi, in cui inserisce citazioni.

Il suo celebre dipinto composto da colori a olio e paglia, Margarete,

Anselm Kiefer -Margarete

è ispirato alla poesia, emblema dell’Olocausto, Fuga di Morte di Paul Celan, scritta in un campo di concentramento. Celan parla di due donne, una bionda tedesca e amante di un ufficiale, e una bruna ebrea prigioniera nel lager.

Nel dipinto di Kiefer entrambe sono carcerate. Le sagome delle due donne, quasi degli spiriti impercettibili, sono imprigionate da sbarre di paglia dalle quali si intravvedono, sul fondo, un territorio, quello tedesco, disastrato dal fuoco. Lo stesso destino per due donne solo apparentemente diverse perché entrambe sono vittime, al di là dell’etnia e della religione, di una storia che ha distrutto vite umane.

I Sette Palazzi Celesti di Anselm Kiefer

Non solo i temi storici, ma anche i viaggi in giro per il mondo sono fonte di continua ispirazione. Tra Egitto e Israele conosce il misticismo e approfondisce diversi temi della religione ebraica con la stessa maniacalità con cui ha, fino a quel momento, studiato la storia tedesca.

L’analisi si concretizza nell’opera scultorea I Sette Palazzi Celesti

Anselm kiefer - I sette palazzi celesti

installata al Pirelli HangarBicocca di Milano. Alte torri diroccate, instabili e in procinto di crollare, hanno trovato ospitalità in un ambiente perfettamente attinente: un vecchio capannone industriale recuperato come sede di esposizione.

Sette torri, ognuna con un nome, costruite con cemento, vetro, piombo e legno approfondiscono la religione ebraica:

  • Sefiroth, l’albero della vita, in cui vengono esposti i dieci modi in cui Dio si manifesta all’uomo;
  • Melancolia, con impresse le sequenze alfanumeriche con le quali la Nasa calcola i percorsi celesti, metafora di Kiefer per criticare la presuntuosità umana nel misurare ciò che è infinito;
  • la torre Ararat, in cui una nave da guerra è contrapposta all’arca di Noè;
  • la torre con le Linee di Campo Magnetico e la Torre dei Quadri Cedenti,
  • mentre due torri identiche sono nominate con le sigle JH & WH che in ebraico formano la parola Jahweh, Dio, vocabolo impronunciabile per gli ebrei perché l’onnipotente non si può nominare. 

Vita e Riconoscimenti

Instancabile esploratore, ha realizzato cicli monumentali dedicati all’universo, creato opere architettoniche con argilla, sculture che vedono mischiarsi materiali sempre diversi, fino alle piante che in questi ultimi anni sono al centro della sua produzione artistica.

Dopo avere vissuto a Buchen in Germania, ha scelto la Francia come sua dimora, prima a Barjac e ora a Parigi.

Le sue mostre hanno toccato le vette delle più celebri esposizioni internazionali e sono presenti nei maggiori musei come l’Art Institute of Chicago, il Metropolitan Museum of Art di New York, il Metropolitan Museum of Art a Bilbao, il Sezon Museum of Art a Tokyo. In Giappone gli è stato conferito anche il Praemium Imperiale della Japan Art Association.


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