Onomatopee e versi degli animali divergono da lingua a lingua: il gallo fa chicchirichì, cock a doodle doo, cocorico, kikeriki… Il suo nome italiano derivato dal latino, l’upupa, lo deve al suo verso, uh-uh-uh,o a qualcos’altro? E questo uccello che di gallo ha la cresta è incoronato dal Cielo o dall’Inferno? Che importa, facciamo un viaggio letterario per trovare l’upupa!
1 L’upupa di Ovidio


I greci tragediavano non male, e Ovidio ritira fuori la storia di Tereo il forte a cui un re offre in sposa la figlia (Progne), senza sentire che ne pensa, la figlia, ma allora era così.
Nasce pure un figlio, Iti, tutto fila liscio per un lustro finché Progne vuol rivedere Filomela, la sorella, e Tereo il dolce va a prenderla. Alle nozze era piccola e Tereo il lussurioso non aveva fatto caso alla sua bellezza, ma ora s’infiamma, gli vengono i cinque minuti, la stupra e le taglia la lingua ma Filomela riesce comunque a comunicare con la sorella e qual è la vendetta?
A Progne le vengono i cinque minuti e cucina al marito Iti e dopo il caffè, diciamo, Filomela gli scaglia la testa del figlio addosso. Tereo l’intelligente a questo punto capisce, le insegue ed ecco la metamorfosi: una rondine muta, un usignolo che grida Iti, Iti e un’upupa in eterna, disperata ricerca del figlio chiede in greco dov’è Iti, pou pou.
2 L’upupa di Ugo Foscolo


Mi chiedo se il poeta di Zante abbia mai visto un’upupa o conosciuto un ornitologo, perché, sì, ammettiamolo, ha detto una cazzata.
Lungi da me ripercorrere il suo pensiero sulla morte o sull’editto di Saint-Cloud, ma che hanno fatto di male la cagna che secondo lui ulula famelica tra le tombe e la povera upupa che, per il poeta veneziano, vivrebbe dentro i teschi nei cimiteri e svolazzerebbe sulle croci a rimproverare con un verso stridulo e funebre i raggi delle stelle?
Nulla. Fatto sta che da queste riflessioni del poeta morto in Inghilterra è rimasta in Italia l’associazione upupa-morte.
3 L’upupa di Eugenio Montale


C’è una foto di Montale di fronte a un’upupa impagliata, scattata da Ugo Mulas. È così sgraziata, così lugubre, così luttuosa?
Guardatela a colori. Io la vedo spesso dal vero. Montale la riabilita, finalmente: la chiama ilare, la definisce uccello calunniato dai poeti (avrebbe sfidato Foscolo e Ovidio a duello?), la nomina nunzio della primavera e chiude con agile folletto.
E l’upupa zampettante sui prati non è proprio così? Gioiosa, intendo, pronta a venire fuori a fine inverno a cacciare insetti, con quel pennacchio, quel panache sul capo. Montale celebra un povero animale che, da secoli, in Occidente, è stato bersaglio di critiche ingiuste, spietate, a cui è stata posta l’etichetta di morte.
Io intendo celebrare l’upupa, avendone visto il piumaggio, la cresta, le ampie ali, il becco teso come spada, l’upupa, re degli Uccelli per Aristofane, animale sacro agli Egizi, messaggero d’amore per l’Islam, simbolo della LIPU. E allora, sia lode all’upupa!
Bibliografia:
Ovidio, Le Metamorfosi, traduzione di Piero Bernardini Mazzolla, Einaudi, 2015.
Ugo Foscolo, Dei Sepolcri, in Poesie, Bur, 2010.
Eugenio Montale, L’upupa, in Ossi di seppia, Einaudi, 1942.

