Forrest Gump di Robert Zemeckis, 1994
Ci sono un paio di problemini:
Uno, Forrest ha i tutori alle gambe, zoppica quando cammina e, due, i ragazzini sono in bici. Ma Forrest corre così veloce che i tutori saltano e, incredibile, continua a correre. Stacco: sulla panchina Forrest dice: «Corro come il vento che soffia».
Bellissima scena, eh? L’ha inventata Eric Roth, lo sceneggiatore, nel romanzo di Winston Groom da cui è tratta, non la trovate. Questo fanno gli sceneggiatori. È così che va il mondo.
Poi Forrest, ormai cresciuto e rimasto solo, for no particular reason, decide di fare una corsetta lunga 3 anni, 2 mesi, 14 giorni e 16 ore across America.
Trainspotting di Danny Boyle, 1996
Ora prendete la corsa di Mark Renton e Spud inseguiti dopo un furto all’inizio di Trainspotting,
sospinti da Lust for life di Iggy Pop e da quella meravigliosa voce fuori campo che dice: «Choose life…», e Renton che sbatte sul cofano di una macchina,
si ferma e sorride dritto in faccia al tizio al volante e a noi che abbiamo scelto un lavoro, una carriera, la famiglia, un maxitelevisore del cazzo, la buona salute, la polizza vita, un mutuo, una moda casual, noi che abbiamo deciso di marcire in uno squallido ospizio.
Macché corsa, quella è una fuga dalla banalità e uno degli incipit più riusciti nella storia del cinema.
Lola rennt! di Tom Tykwer, 1998
Infine, prendete Lola rennt!, Lola ha solo 20 minuti per trovare i 100k marchi tedeschi persi dal fidanzato e salvargli la vita:
Lola corre, si fionda giù per le scale, si scapicolla in strada, attraversa Berlino, va nella banca del padre, rapina un supermercato e muore, Lola dai capelli rossi, ma non può finire così, oh, no, Lola no, allora Lola inizia a correre di nuovo, si rifionda giù per le scale, questa volta cade, zoppica ma riprende la corsa e si va in un triplice loop che proprio loop non è ma, oh quanto corre Lola, corre per tutto il film, e noi con lei, perché ci sarà un modo per salvarsi, no?
Scegliete di correre.
Scegliete la vita.